Di Viola Parisatto
Nel pomeriggio di mercoledì 12 febbraio, nella sede di Fondazione Cariverona, i professori dell’Università degli Studi di Verona Monica Molteni e Luca Bochicchio hanno tenuto la conferenza La Donna che nuota sott’acqua di Arturo Martini, o dell’incomprensione di un’opera rivoluzionaria riguardante la scultura ad opera di Arturo Martini, Donna che nuota sott’acqua (1941-42). La scultura è esposta all’interno della Sala Martini, presso il cortile della sede della Fondazione, ed è al centro di Panta Rei, programma culturale, promosso in relazione alla collezione d’arte di Cariverona, dedicato al tema dell’acqua e della crisi idrica. Panta Rei si sofferma sul racconto delle trasformazioni di Verona dai punti di vista urbanistico, sociale e culturale ma anche economico e politico.

La professoressa Molteni, che è intervenuta per prima, ha parlato degli allestimenti e di quanto sia assurdo che un’opera capolavoro del Novecento come Donna che nuota sott’acqua non sia stata esposta quanto ne richiederebbe la sua fama. Martini per la realizzazione di quest’opera, pensata per essere vista anche dall’alto, era partito da un’idea di un corpo femminile che galleggia e ruota sott’acqua, evolvendosi. Questa scultura ha fatto il suo esordio in due occasioni importantissime: le Biennali di Venezia del 1942 e del 1948. Per i cinquant’anni successivi, l’opera è stata poco fruibile dal pubblico e presentata poche volte perché facente parte di una collezione privata. Nel 2005, la scultura è stata acquistata da Fondazione Domus ad un’asta Christie’s entrando a far parte della storia pubblica.

La Biennale del ’42, era caratterizzata dalla presenza di temi cari dalla propaganda del ventennio e di tematiche belliche, con la scelta di artisti che rappresentassero forme e contenuti della politica di regime. Lo spazio dedicato a Martini, all’interno del padiglione Italia, era stato allestito da Carlo Scarpa e Mario Deluigi, assistente di Arturo Martini all’Accademia delle Belle Arti, creando un triangolo di connessioni. Infatti, Scarpa e Deluigi si conoscevano già da un decennio, quando avevano lavorato assieme per presentare il mosaico a tessere vetrose, Il bagno alla Biennale di Venezia del ’32. Negli anni successivi, questi due maestri dell’arte si incontreranno per lavorare qualche altra volta a quattro mani, ad esempio, la ristrutturazione dell’aula magna dell’università veneziana Ca’ Foscari.
Arturo Martini, tornando alla mostra personale della Biennale, mentre si lavorava all’allestimento della sala egli era alle prese con un lavoro per il Duomo di Padova. Martini preferiva focalizzarsi sulla scultura per l’ambiente padovano, delegando la scelta delle opere da esporre alla Biennale a Scarpa e Deluigi. Arturo Martini aveva eseguito solamente una selezione da cui gli altri due ne faranno una seconda. Alla fine, si giungerà ad un insieme di 16 opere allestite nella sala. Nell’allestimento, Scarpa incontrerà diversi problemi dati: dallo spazio molto regolare, dal numero delle opere da posizionare nell’ambiente ristretto e dalla incoerenza tra le opere esposte. Le opere erano tutte differenti per: dimensioni, orientamento (sviluppo orizzontale o verticale) e materiali (opere in marmo liscio e levigato, calcaree o lignee). Nella sala erano disposti piedistalli di dimensioni e altezze varie, specialmente utilizzati per le opere più piccole, nelle due direttrici laterali si era deciso di esporre le grandi sculture sviluppate in lunghezza e la Donna che nuota sott’acqua era stata posizionata nel centro della stanza. La Donna che nuota sott’acqua assume l’idea di una bussola spaziale che costringe lo spettatore a fare un giro completo della sala creando un percorso in grado di mostrare tutte le opere seguendo il loro andamento circolare.

La Biennale del ’48, detta “della rinascita”, portava con sé moltissime novità, si vedeva la comparsa, ad esempio, degli impressionisti ma anche di Picasso e Klee e altri maestri dell’arte di quel tempo. Questa Biennale dedicava a Martini, venuto a mancare l’anno precedente, una retrospettiva, allestita sempre da Scarpa, messa in dialogo con altre mostre: I tre pittori metafisici, Campigli e De Pisis. Le opere di Martini erano state distribuite tra la rotonda centrale e la sala 3, dove erano esposti De Chirico e Carrà, la sala 4, dove erano posizionate i lavori di Morandi e De Pisis e la sala 5, che vedeva l’esposizione delle opere di Campigli. Donna che nuota sott’acqua era posizionata al centro della sala che presentava la mostra personale su Giorgio De Chirico, accogliendo il visitatore, che così come nella Biennale del ’42, girerà attorno all’opera facendole assumere il ruolo di focus della sala espositiva. Le opere di Martini erano affiancate ad un percorso pittorico, dove i dipinti non seguivano un ordine cronologico, cercando di evocare delle risonanze figurative riguardanti i dipinti e le sculture. La plastica metafisica delle immagini esposte ritorna potentemente nella scultura di Arturo Martini.
L’esposizione di opere, generalmente, è un atto critico attraverso la quale, il soggetto che dispone le opere sceglie: sequenze, forme e immagini che devono essere evocative per il pubblico. Scarpa, in questo caso, aveva come scopo l’invenzione di rapporti creando una narrazione, ponendo in dialogo: l’architettura con la scultura, la scultura con la pittura e la pittura con le forme e gli stilemi presenti in essa stessa. L’esito finale consisterà nella ricreazione di una messa in scena metafisica in uno spazio che non è quello classico (vuoto e con soffitto alto) delle Biennali. Carlo Scarpa ricreò lo spazio espositivo, abbassando il soffitto attraverso un velario, che creava un effetto di luce diffusa, ma soprattutto introducendo un motivo tipico scarpiano: una tela plissettata che dava un significato di accompagnamento alle opere pittoriche che attraverso queste ali oblique costringevano l’occhio dello spettatore a insistere sullo spazio dedicato alla pittura.


Tipico di Scarpa è anche il tema della centralità riservato alla Donna che nuota sott’acqua di Martini: se la si toglie dal centro della sala si perde il senso spaziale della sequenza di ambienti in dialogo tra di loro e la circolarità del percorso. Rimuovendo l’opera principe verrebbe a mancare anche la narrazione di Martini perché le opere scelte da Scarpa vanno dal ’29 al ’46, la fase più tarda della produzione.
Il professore Luca Bochicchio, a cui passa la parola la professoressa Molteni, si sofferma a parlare di Arturo Martini sotto un altro punto di vista: i rapporti che l’artista aveva stretto nel corso degli anni, ad esempio l’amicizia con il poeta e artista futurista Farfa. Il triestino Farfa era un personaggio eccentrico e il professor Bochicchio lo presenta attraverso un’immagine che lo rappresenta con un elmo futurista che teneva sempre addosso. L’elmo che porta sul capo Farfa è una corona metallica inventata dai futuristi per nominare il vincitore del “Circuito nazionale futurista”, una competizione di poesia nazionale futurista. Tra gli aneddoti della vita di Farfa, il professore racconta che egli venne incoronato in volo aereo sopra il porto di La Spezia ma svela anche che l’artista, da quanto era egocentrico, parlava con il plurale maiestatis. Farfa e Arturo Martini si conobbero nel loro periodo di soggiorno in Liguria e strinsero un sorprendente, dati gli ideali differenti, stretto rapporto d’amicizia.

Il cardine dell’intervento di Bochicchio è il primo e ultimo scambio di lettere tra Farfa e Martini, risalente al ’42, periodo in cui non si parlava di altro se non del successo di Martini alla Biennale e della scultura Donna che nuota sott’acqua. Farfa invia una lettera, scritta sottoforma di poesia (non usa la punteggiatura), a Martini proprio per congratularsi con lui per i suoi recenti successi. Nonostante il successo Martini riceve molte critiche e questo viene sottolineato nella lettera polemica a lui indirizzata. Nel testo appare il nome dell’artista futurista Umberto Boccioni, in riferimento al fatto che, secondo Farfa, Martini doveva ammettere di esserne il suo successore, ma pur sempre sottolineato con tono polemico.

In risposta a tale lettera, Martini scrive un testo a sua volta polemico per far capire all’artista futurista che aveva recepito gli attacchi fastidiosi. Martini in quel momento era alle prese con il lavoro a Carrara per cui, anche da come si legge nel testo, non diede la giusta attenzione a questa corrispondenza. Tra le battute punzecchianti, nella lettera, emerge una in particolare riguardante il grande Boccioni seguitando a dire che egli, a detta sua, fosse di cagionevole salute.

Tra i giudizi positivi sulla scultura Donna che nuota sott’acqua, con lo scopo di creare una critica costruttiva, vi erano quelli di: Ponti, Nicodemi, Bontempelli e Podestà. Quest’ultimo restituisce, sulla rivista Emporium, un’idea di Martini come l’artista avanguardista del momento.
Gli scultori sono legati al materiale che plasmano in diverse forme e, personalmente, trovo molto interessante la scelta di utilizzare un marmo particolare come il bardiglio trascurando quello della statuaria classica. Il marmo bardiglio ha come particolarità la comparsa di sotto velature grigio-azzurre che lo rendono unico.
Vi consiglio di andare a vedere quest’opera collocata alla Fondazione Cariverona, a due passi da Piazza delle Erbe, perché ne vale davvero la pena e soprattutto si riesce a comprendere appieno la scultura visibile a 360 gradi.


Periodo espositivo: 21 settembre 2024 – 30 agosto 2025
Sede: Fondazione Cariverona (Via Achille Forti, 3/A)
Orari: da lunedì a venerdì dalle 9 alle 13 e dalle 14 alle 17.30.