L’aria, l’elemento più democratico che ci sia, in questo film è irrespirabile
Di Matteo Cafarelli.
Esistono tanti prodotti e letterari e cinematografici, che trattano la terribile storia dell’olocausto e dello sterminio degli ebrei da parte del movimento nazionalsocialista tedesco tra gli anni Trenta e Quaranta. Uno dei più conosciuti è sicuramente Schindler’s List (1993), il celebre dramma diretto da Steven Spielberg. Un altro esempio è Shoah (1985), un monumentale documentario diretto da Claude Lanzmann che sviluppa l’intero dramma sullo stesso tema e sulla Seconda Guerra Mondiale.
Dopo il flop commerciale e contemporaneo successo per la critica raggiunto con Under the Skin nel 2013, Jonathan Glazer torna alla regia con La Zona d’Interesse (2023). Un film che parla, come per i due esempi citati prima, dell’olocausto ma in una maniera differente. La pellicola è stata nominata per ben cinque candidature agli Oscar 2024, ottenendo il premio come Miglior film straniero e Miglior sonoro. Un successo che sicuramente trova fondamento nelle brillanti idee del regista, che ha saputo costruire un set perfettamente in sintonia con la sceneggiatura derivata dall’omonimo romanzo di Martin Amis del 2014.
La sera del 6 marzo 2024 si è tenuta la proiezione della pellicola al Cinema Kappadue. Immediatamente dopo la fine del film, Gianluca Solla (docente di filosofia presso l’Università di Verona e fondatore di PHILM, centro di ricerca su filosofia e cinema) e Carlo Saletti (storico e presidente dell’Istituto Veronese Resistenza) hanno condotto un dibattito sull’opera di Glazer, rispondendo pure ad alcune domande del pubblico al termine della discussione. Il tutto moderato dall’editor e gestore del Circolo del Cinema di Verona, Francesco Lughezzani.
La trama del film gira attorno al protagonista, il comandante tedesco Rudolf Höß e alla moglie Hedwig Höß (interpretati rispettivamente da Christian Friedel e Sandra Huller), a capo del campo di concentramento di Auschwitz. La particolarità sta nel luogo di narrazione: la casa del comandante, dotata di uno splendido giardino, situata esattamente adiacente al suddetto campo. Le scene sono state girate da Glazer, con la collaborazione del direttore della fotografia Łukasz Żal e lo scenografo Chris Oddy. L’intera squadra di produzione ha preso la decisione di utilizzare esclusivamente la luce naturale, e piazzare delle macchine da presa utilizzabili da remoto. Gli attori son quindi stati liberi di muoversi mentre venivano ripresi da più angolazioni.
Queste peculiarità tecniche nella realizzazione del prodotto cinematografico hanno reso i messaggi della storia ancora più d’impatto per gli spettatori in sala. L’incontro e il confronto tra i due professori si è concentrato proprio su un paragone con il film Shoah e su alcuni aspetti registici. Il capolavoro di Lanzmann, secondo Solla, possiede alcune caratteristiche simili, come il confronto con la bellezza della natura. Il giardino della casa del comandante Höß è un giardino del paradiso, desiderato da tutti. La Zona d’Interesse è un film sull’idillio, dove il campo di concentramento viene contrapposto alla splendida casa dei protagonisti. Saletti considera invece che Lanzmann avrebbe giudicato come superiore il proprio docufilm, anche per alcune inesattezze storiche di Glazer come il fumo che fuoriesce dalle ciminiere. Un fatto, tuttavia, che fornisce un valore simbolico, rendendo la zona di Auschwitz un vero e proprio inferno con le sue fiamme ben visibili.
Nonostante queste considerazioni, è imprescindibile effettuare un ragionamento sui due effetti scenici più importanti. Il primo riguarda l’utilizzo del sonoro, elemento che ha portato il film a vincere la statuetta Oscar nell’omonima categoria. Il professor Solla sostiene che i rumori provenienti dal campo di Auschwitz, che fanno da tappeto sonoro per tutta la durata della pellicola, fungono da elemento inequivocabile di densità. La stessa densità che riempie l’aria, piena di cenere con odori nauseanti, che non può essere percepita dal pubblico in sala. Come dichiarato dallo stesso Solla: <<In fondo l’aria è irrespirabile. L’aria, se ci pensate, è la cosa più democratica che ci sia>>. Il secondo aspetto concerne i momenti sconvolgenti realizzati con la camera termica. Ci si chiede se vi siano delle testimonianze storiche sulla possibile resistenza della popolazione polacca. Saletti risponde a questo dubbio evidenziando come nessun polacco potesse entrare nella zona d’interesse. Sono state progettate delle insurrezioni a partire dagli stessi crematori, senza alcun successo ottenuto. La resistenza era pressoché impossibile in quelle condizioni.
In conclusione, La Zona d’Interesse non è un film che parla della banalità del male, poiché vediamo raffigurati soldati e persone profondamente antisemite e anti-polacche. I carnefici erano consapevoli del costo delle loro azioni. Siamo probabilmente di fronte ad una delle migliori pellicole mai realizzate su questo tema, che vi consigliamo di visionare in sala o in streaming il prima possibile.