Di Viola Parisatto
Mercoledì 14 febbraio, alle ore 16.30, Patrizia Maïmouna Guerresi, artista italo-senegalese, si è recata alla Galleria d’Arte Moderna Achille Forti di Verona per svolgere un incontro il cui scopo consisteva nella spiegazione della sua mostra: “Segni di cura”. La responsabile della Galleria d’Arte Moderna, Patrizia Nuzzo, ha accolto il pubblico nella sala Scacchi, dove si trovano esposte le opere dell’artista Guerresi, facendo una presentazione dell’iniziativa. Al fianco di Patrizia Nuzzo erano presenti la consigliera comunale Carla Agnoli, la storica dell’arte Isabella Brezigar, la giovane vicepresidente vicario del Consiglio comunale Veronica Atitsogbe e quattro operatrici del Servizio Civile Universale della Galleria d’Arte Moderna Achille Forti e del Centro Internazionale di Fotografia Scavi Scaligeri: Giuditta Belloni, Elisabetta Tosti, Angelica Rivetti ed Elisa Panza. Le operatrici sopracitate hanno seguito il processo organizzativo, partecipando a tutte le fasi di creazione dell’esposizione, affiancate dalle tutor Patrizia Nuzzo e Carla Avanzini, in collaborazione con Isabella Brezigar. Quest’ultima si è focalizzata sulla descrizione delle sette opere dell’esibizione (Kunta, Blue Trampoline, Stilita Khadija, Awa in the Winter Garden, The Golden Door, Oracles e Rûh) e alcune sue opere inedite (serie fotografica The sisters e Il lago di sale).
I medium che utilizza Maïmouna Guerresi nella sua carriera artistica sono fotografia, scultura e video installazioni: nell’esposizione in questione vediamo infatti una scultura, quattro fotografie e due video. Le opere dell’artista sono caratterizzate dalla presenza continua di figure femminili, abitanti di paesaggi sospesi che trasmettono un messaggio molto profondo come la ricerca del superamento dei confini culturali, sociali e di genere rispetto al ruolo della donna nell’Islam sofista africano. Lo scopo del lavoro della Guerresi è quello di mettere in discussione l’immaginario eurocentrico fatto di preconcetti legati a distanze e differenze geografiche e antropologiche, cambiare la propria visione del mondo. I temi che affronta nel suo percorso artistico sono: la femminilità e l’armonia tra culture diverse, passando attraverso la propria sensibilità spirituale ed estetica. Il filo tematico della mostra, che accomuna tutte le opere lì esibite, è l’elevazione femminile e la sua essenza materna e misericordiosa, cercando di dimostrare l’evoluzione identitaria, spirituale, culturale e umana della figura rappresentata. Per l’artista le figure femminili sono le protagoniste, poste in una dimensione a-temporale, della forza di natura spirituale e rigenerativa che supera i confini geografici e di genere attraverso le quali si esplorano due mondi, spirituale e politico sociale, tradotti in un linguaggio metafisico. Un altro aspetto molto interessante dell’arte di Maïmouna Guerresi è il riportare la sua visione introspettiva degli impulsi ricevuti dalle sue due culture, europea e africana, unite alla spiritualità sufi islamica. Questa mescolanza di culture nelle sue opere viene espressa con costumi, personaggi, calligrafie e simboli, scenografie e murales dipinti da lei stessa. Il velo della donna, che levita ed è sospesa nel tentativo di ricercare il proprio equilibrio interiore ed estetico, è irrigidito da una materia che diviene corteccia oppure contenitore di un corpo mistico. Il concetto di corpo-albero è al centro del pensiero dell’artista come si può ben vedere in Stilita Khadija, metafora dell’albero che fa da ponte tra cielo e terra.
“Io poi immagino, nella mia fantasia, che attraverso delle pratiche spirituali si possano raggiungere anche delle facoltà fisiche, visive e sensoriali inusuali, tanto da poter riconoscere in sé stessi o negli altri, la propria natura interiore”. Con questa citazione della Guerresi si può capire appieno qual è l’essenza profonda del suo lavoro artistico, il suo scopo primario è il riuscire a far diventare la parola “identità” un termine obsoleto. Parlando di facoltà fisiche, visive e sensoriali inusuali l’artista intende il fluttuare nell’aria, il camminare sui trampolini e il mimetizzarsi con la natura. Altro concetto nell’arte di Maïmouna Guerresi è il “vuoto“, visibile in Kunta e in The Golden Door, che attira lo spettatore.
Consiglio a chiunque di visitare questa mostra perché trasmette delle sensazioni molto profonde e toccanti a mio parere. L’opera più bella di questa esibizione, ovvero quella che mi ha toccata particolarmente, è Blue Trampoline: rappresentazione della dualità tra sospensione, elevazione e paura del vuoto e racconto della possibilità di coesistere fuori dalle logiche di terrore, sfruttamento e dominio.
La visione dell’esposizione è compresa nel biglietto d’ingresso alla Galleria d’Arte Moderna Achille Forti. La durata della mostra va dal 14 febbraio al 7 aprile 2024 con orari variabili: da martedì a domenica dalle 10 alle 18 (ultimo ingresso alle 17.30); lunedì chiuso. Sono a disposizione anche visite guidate e percorsi didattici: dal martedì al venerdì dalle 9 alle 13 e dalle 14 alle 16; il sabato dalle 9 alle 13.